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Giornale della Musica, 12 APRILE 2024 |
di Salvatore Morra |
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Ponchielli: La Gioconda, Neapel, Teatro San Carlo, ab 7.4.2024
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Trionfale Gioconda |
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Il Teatro di San Carlo quest’anno regala una bella sorpresa per la stagione
Lirica 2023/2024: La Gioconda di Amilcare Ponchielli, in scena dal 7 al 17
aprile 2024, che andava in scena al Teatro alla Scala l’8 aprile 1876 (al
San Carlo 1° aprile 1881), che un tempo si citava come un classico
imprescindibile dal repertorio, anche un po' trito, e che invece oggi
nessuno conosce più. L’indomani della vera prima del 10 aprile, (il 7 era
aperta al pubblico in via straordinaria per celebrare il 30° anniversario
del debutto di Anna Netrebko in palcoscenico), festeggiata da gran successo,
si sentiva commentare l’opera come fosse stata un inedito. Anche un po’ per
palati fini, per esperti.
Paradossalmente la totale novità è qui
ottenuta giocando per antitesi, riportando La Gioconda a scene e costumi
d’epoca, di Etienne Pluss e Christian Lacroix. Dunque, niente
attualizzazione, come oggi il teatro sempre vuole, ma al contrario: il Doge,
la Bocca del Leone, i canali; una Venezia del XVII secolo. Un palco da un
quadro del Settecento. Molto ingegnoso e controcorrente ultimamente, anche
perché affidato alla regia del francese Romain Gilbert, omaggiato
dall’applauso di tutta la sala a fine spettacolo. Stoffe, accostamenti
cromatici, decori, per non dire della sovrapposizione di capi, l’effetto di
usura dove tutto appariva sempre straordinariamente reale. I cantanti, come
il coro, potevano recitare con garbo secondo le indicazioni misurate di
Gilbert, che nella scena principale metteva il cortile del palazzo ducale,
per poi trasformarlo nella piazza, nel palazzo, nei canali ecc.
Con
un libretto meno disinibito dei soliti libretti dell’Ottocento, meno
moraleggiante che mai, qui la storia si intreccia sul contrasto tra amore
come libertà e il matrimonio come salvataggio per disastrati casati.
Gradevole cantava leggera Eve-Maud Hubeaux (Laura Adorno), meno incisiva
solo nel duetto con Badoèro alla fine, un buon Alexander Köpeczi. Perfetto
Ludovic Tézier (Barnaba), accuratamente pedante, cattivo quando si tratta di
incidere, di pieno volume e voce. Così come la magistrale interpretazione
della cieca di Kseniia Nikolaieva. Ma la vera ventata di successo la
portavano Jonas Kaufmann (Enzo Grimaldo) e Anna Netrebko (La Gioconda),
intriganti per eleganza del canto e naturalezza del fraseggio, perfetta lei
nel ruolo e con espressività eccezionale; un po’ in affanno lui negli
ariosi. Dirigeva Pinchas Steinberg, gigante in questo repertorio, con baci e
abbracci per tutti alla fine. Steinberg non chiede un Ponchielli anticato
anzi: lo sposta in avanti, spronando a gran volume gli strumenti e
dimostrando quanto gli accompagnamenti orchestrali siano propulsivi
all’azione. Nel primo atto l’ingrediente descrittivo si trasforma in puro
suono: Steinberg ne stana i timbri più astratti, sempre in ottima
collaborazione con il coro (preparato da Fabrizio Cassi), e le voci bianche
dirette da Stefania Rinaldi. Si gira pagina nel secondo atto, che al
contrario apre cameristico. Didascalico e preciso nel famoso balletto,
azione ben coreografata da Vincent Chaillet, anche se l’ambientazione è e
rimane scura, di nere atmosfere. Nel dominante bianco e nero, svolgono un
ruolo determinante le luci di Valerio Tiberi a creare spazi e profondità
nell’immenso palcoscenico del San Carlo, che ieri era veramente sold out,
come non lo si vedeva da tempo.
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