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Martino Pinali
 
Verdi: Aida, Arena di Verona, 28. August 2022

Verona - Arena (3° cast alternativo)
 
Dopo il concerto dal programma variegato e generoso eseguito l’estate scorsa, Jonas Kaufmann torna a sorpresa a interpretare il suo primo ruolo in un’opera completa al 99° Arena Opera Festival, Radamès in Aida. Il suo debutto scenico areniano, tanto atteso dal pubblico quanto dall’attuale sovrintendenza, si è rivelato sicuramente interessante ma non privo comunque di qualche piccolo neo.

Il tenore tedesco sconta fin da subito dei problemi di volume: la voce tende a scomparire nei brani d’insieme, sopraffatta dalle masse musicali areniane. Il suo Radamès infatti si impone maggiormente nei brani più intimi e riflessivi, in cui l’interprete fa risaltare al meglio il suo lato umano e lacerato più che quello guerriero: il pianissimo che chiude e smorza l’impeto amoroso di “Celeste Aida” è il migliore da me ascoltato negli ultimi anni in Arena. Kaufmann dà infatti il meglio di sé con un sapiente sfoggio di mezzevoci e filati ben esibiti negli ultimi due atti. L’emozione della sua prima opera cantata in forma scenica nell’anfiteatro ha la meglio in alcuni momenti, dove si registrano delle lievi amnesie, o nella recitazione fin troppo sopra le righe, ma il pubblico è stregato dal suo carisma scenico e musicale e lo applaude sin dall’aria di esordio con calore e affetto.

Ormai l’Aida veronese per antonomasia, Maria Josè Siri si fa valere sin dall’inizio senza farsi mettere in ombra dal collega: la sua principessa etiope è interpretata con senso teatrale e raffinatezza, cogliendo sin da subito la tinta tragica e malinconica del personaggio senza abbandonare però le seduzioni esotiche del terzo atto, in cui il soprano uruguaiano ammalia Radamès e l’Arena con un suadente “Fuggiam gli ardori inospiti”.

Non è da meno la collaudata Amneris di Olesya Petrova, che riconferma con quest’esecuzione le ottime impressioni che mi ha destato nelle recite cui ho assistito con lei protagonista.

Poco incisivi gli altri due cambi di cast della serata: Sebastian Catana è un Amonasro troppo selvaggio e poco paterno, e Abramo Rosalen un Ramfis certo professionale ma tutt’altro che temibile.

Rimando all’ultima recensione scritta per questa produzione di Aida per quanto riguarda la direzione di Daniel Oren alla guida dell’Orchestra e del Coro di Fondazione Arena, impegnati in un’esecuzione sicuramente non esente da qualche menda ma di ben altro livello rispetto alla disastrosa e recentissima Turandot diretta da Plàcido Domingo: dopo la protesta agli applausi dell’opera pucciniana, fa decisamente bene al cuore rivedere tutti gli orchestrali alzarsi in piedi e ringraziare il loro direttore agli applausi finali.

Pubblico visibilmente soddisfatto e in visibilio non solo per Kaufmann, ma anche per Siri e Petrova, applaudite e festeggiate con uguale intensità.











 
 
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