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OperaeOpera, 19/03/2017 |
By Neco Verbis |
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Giordano: Andrea Chenier, Bayerische Staatsoper, 18. März 2017
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"Review: ANDREA CHÉNIER al Bayerische Staatsoper |
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E’ difficile che uno spettacolo spiazzi uno che come me vive per teatri e
nei teatri…eppure è accaduto con l’Andrea Chénier di Umberto Giordano andato
in scena a Monaco di Baviera il 18 marzo 2017 al Bayerische Staatsoper.
Grande attesa, dopo la prima del 12 marzo scorso, in cui qualche
dissenso, che pure si è vagamente ripetuto, aveva colpito i protagonisti.
Dubbioso, mi ero chiesto se veramente ci fosse un motivo per dissentire.
Adesso che ho visto personalmente lo spettacolo, devo dire proprio di no.
Nulla dava il diritto di dissentire platealmente riguardo ad uno spettacolo
di tale livello, nuova produzione del teatro tedesco.
Intendiamoci:
qui non ci siamo trovati di fronte alla messa in scena ideale dell’opera di
Giordano. A cominciare dalla direzione d’orchestra del M° Omer Meir Wellber.
Le dinamiche italiane erano lontane anni luce da quelle scelte e
sottolineate dal direttore, alla guida della grande orchestra del Bayerische
Staatsoper. C’erano sonorità che io non avevo mai sentito così evidenti.
Eppure, tutto funzionava, anche musicalmente. Ecco il primo motivo del
suddetto “spiazzamento”. Una sensazione davvero strana, di fronte
all’ascolto di un capolavoro arcinoto. Si può fare di molto meglio, eppure
il polso era buono, la direzione efficace, il sostegno agli interpreti ben
saldo.
Secondo spiazzamento: Jonas Kaufmann, Andrea Chénier. Bravo è
dire poco, eppure le sue messe di voce continuano a non piacermi, né mi
piace il suo fare duro e wagneriano anche dal punto di vista interpretativo.
Ma la resa del personaggio si assoggettava alla resa vocale: la vocalità
nell’opera italiana per Kaufmann è questa. Qui lo attendevo e qui l’ho
trovato. Purchè si ammorbidisca un poco, in un repertorio che in effetti
necessita di una voce come la sua e di capacità attoriali che il tenore
possiede. Dunque era comunque tutto da ascoltare.
Terzo spiazzamento:
la Maddalena di Coigny di Anja Harteros, al debutto nel ruolo. Forse è il
personaggio che mi è piaciuto di meno. Eppure è bella, eppure ha una voce
adatta alla parte, eppure ha una proiezione di tutto rispetto. Però quella
durezza teutonica è tutta da rivedere. E poi, Maddalena è bionda! Lo dice e
lo ridice il libretto… Ma in definitiva anche lei era una Maddalena tutta da
ascoltare, sia pure non scenicamente coinvolgente.
Quarto
spiazzamento: il Gerard di Luca Salsi, che ha una gran voce e l’ha tirata
fuori tutta. Per fortuna ha anche un gran cuore, tutto italiano e anche
quello è venuto fuori. Il suo Gerard, che pure ha dietro una visibile grande
scuola, Zancanaro compreso, però, va rivisto, probabilmente va affinato.
Eppure funzionava a dovere.
Tutti gli altri interpreti bravi ma non
troppo. Da rivedere del tutto l’Incredibile di Kevin Conners, che ha tirato
uno strafalcione dietro l’altro riguardo alla dizione italiana ed al testo
del libretto addirittura.
Dunque, nella somma di tutti questi
spiazzamenti, di cui non fa parte l’ottimo Coro del Bayerische Staatsoper
diretto da Stellario Fagone, una recensione come questa si dovrebbe
presentare negativa. Invece no, nonostante la freddezza abbia caratterizzato
l’insieme dell’interpretazione complessiva e, come prima accennato, non si
ritrovasse niente d’italiano, tranne il baritono, né in scena né in buca.
Il perché è presto detto: che tutto funzioni a dovere dentro una messa
in scena come quella vista a Monaco è un vero miracolo teatrale, che si
compie solo nei grandi teatri con i grandi interpreti.
Reggere il
ritmo registico cinematografico preteso e messo in atto da Philipp Stölzl
sarebbe stato arduo per chiunque. Salite, discese, porte, scale, piani
sovrapposti, teatro nel teatro, tableaux vivants…Una messa in scena
faraonica, perché sontuosa è dire poco, curata nei dettagli, nelle scene
articolate, colorate mirabilmente, di Heike Vollmer e dello stesso Stölzl,
con i costumi straordinari di Anke Winckler e le luci da Oscar di Michael
Bauer.
In un contesto scenico di tal genere, in cui i piani e le
azioni s’incrociavano e si sovrapponevano senza soluzione di continuità, se
gli interpreti principali fossero stati anche un tantino meno validi si
sarebbero persi del tutto. Passare inosservati in quel contesto è il rischio
più grande che si possa correre in questa produzione, della quale
probabilmente hanno goduto più gli spettatori che l’hanno vista in diretta
streaming e dunque hanno avuto dalla loro i primi piani, di coloro che hanno
assistito a teatro.
Da lontano, ti trovavi a guardare da tutte le
parti, la distrazione era in agguato: c’era tutto un mondo che animava il
palcoscenico, la confusione era anch’essa dietro l’angolo. Dunque? Ultimo e
definitivo spiazzamento: nonostante tutto, la qualità complessiva della
messa in scena era esaltante ed il risultato finale era veramente fuori
dall’ordinario e questo, ovviamente, anche grazie ai grandi interpreti in
scena, i quali hanno retto e sovrastato ogni rischio, di ogni genere.
Un’esperienza tutta alla rovescia, allora, ma decisamente fuori dal
comune questo Chénier a Monaco, per il quale, concludendo, non si può dire
che una sola parola complessiva di commento: chapeau!
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