Donna Moderna, 16 giugno 2015
di Isabella Fava
 
Konzert, Puccini, Teatro alla Scala, Milano, 14. Juni 2015

Come ho imparato ad amare Puccini. Grazie a Jonas Kaufmann
 
Non capita tutti i giorni di andare alla Scala. Tanto meno di ascoltare dal vivo uno dei più grandi tenori del mondo. Potete immaginare quindi come mi sono sentita l’altra sera al concerto di Jonas Kaufmann, mentre l’artista cantava le arie di Giacomo Puccini accompagnato dalla Filarmonica della Scala e io sprofondavo nel più struggente romanticismo.

Chi ama l’opera può capirmi, chi conosce Puccini e le melodie della Tosca, Turandot, Manon Lescaut o La fanciulla del West sa quanto arrivino all’anima, quanta passione c’è in quelle frasi e in quelle note. Una passione che riempie gli occhi, le orecchie e il cuore. Del resto Puccini era popolarissimo ai suoi tempi e, in un certo senso (e non me ne vogliano i melomani puristi), per me è ancora il più moderno.

E, udite udite, il più legato al cinema. Molte sue arie sono state di ispirazione a moltissime colonne sonore e involontariamente le avrete già sentite (una, tratta dal finale del terzo atto di Manon Lescaut mi ha fatto notare il mio amico Giorgio, che suona la viola nella Filarmonica, è stata citata perfino da John Williams per la musica di Guerre Stellari).

Spero invece di emozionare con queste mie parole chi è titubante e si sente in soggezione davanti ai Maestri della musica classica e ai capolavori della lirica. E chi non ha ancora mai fatto l’esperienza di sentire la voce di questo tenore davvero eccezionale.

Ma facciamo un passo indietro. Chi è Jonas Kaufmann? 45 anni, tedesco, fisico e volto da attore, voce potentissima, un po’ oscura, italiano perfetto (frutto di studi e vacanze da bambino sulla Riviera adriatica). Soprattutto celebratissimo e stimato dai più grandi direttori d’orchestra e dai critici mondiali perché “non tradizionale”.

Non è infatti il solito tenore che fa vezzo del bel canto, ma invece si mette al servizio dell’autore, dell’opera, dell’interpretazione. Chi lo conosce bene dice che il miglior modo per apprezzarlo è proprio sul palco nei panni di Dick Johnson (La fanciulla del West) o di Rodolfo (Bohème).

Dove il suo essere interprete e attore, la capacità di calarsi nel personaggio e di riempire di suggestioni (non solo vocali) è aiutato anche dall’aspetto: Kaufmann, diciamolo, è piuttosto bello.

Talmente bello che già l’ha voluto Anne Wintour per la cover di Vogue America e Dolce & Gabbana l’hanno vestito per la serata.

Al suo recital, due sere fa, c’era gente che aveva preso un aereo per sentirlo e applaudirlo. E non è rimasto deluso: dopo le 2 ore di concerto, Kaufmann ha risposto con 5 bis. E, in cambio, ha ricevuto 40 minuti di applauso.

C’è chi gli gettava fiori, chi biglietti, chi addirittura gli ha portato una bottiglia (era uno champagne Krug da 1.600 euro dicono i bene informati), mentre il suo fanclub romagnolo gli ha donato un sacchetto di piadine fatte a mano. Roba che nemmeno Bruce Springsteen nei tempi d’oro.

Ho visto una signora giapponese nel backstage porgergli un sacchetto pieno di specialità e tè provenienti dalla sua terra, altri farsi fare la foto con lui. E Kaufmann che rispondeva in tutte le lingue, passando con disinvoltura dal tedesco all’inglese, dal francese all’italiano. Confesso che gli ho stretto la mano anch’io, con l’emozione nella voce e negli occhi.

Poi la folla di fan si è accalcata fuori dall’uscita degli artisti sperando di strappargli un autografo, una stretta di mano, un sorriso…

Spero con questo di avervi un po’ incuriosito.

Intanto qui un assaggio (è una piccola intervista della Rai, ma almeno lo sentite parlare)


















 
 
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