|
|
|
|
|
GB Opera
|
by Michele Curnis |
|
Schubert: Winterreise, Milano, Teatro alla Scala, 14. April 2014
|
Jonas Kaufmann e la “Winterreise” di Franz Schubert: dal disco alla Scala |
|
E tre. In un anno esatto il Teatro alla Scala ha proposto la Winterreise di
Schubert quale programma di tre Recital di canto: era il 5 aprile 2013
quando Matthias Goerne si cimentava con il ciclo poetico di Wilhelm Müller
(e prima di lui alla Scala lo aveva eseguito per ultimo Thomas Quasthoff il
23 febbraio 2009, con Daniel Barenboim al pianoforte). Dunque, che anche i
primi due concerti di canto della stagione 2013-2014 avessero lo stesso
programma, lasciava il pubblico scaligero un po’ perplesso. Il 3 marzo di
quest’anno è infatti stata la volta di Ferruccio Furlanetto, e ora toccava a
Jonas Kaufmann, protagonista di una tournée internazionale con il Viaggio
d’inverno, parallela all’uscita di un’incisione discografica per Sony
Classical.
Ma, sicuramente, al termine dell’esecuzione tutto il
pubblico presente alla Scala ha mutato parere, trasformando pregiudizi e
perplessità in entusiasmo, perché Kaufmann propone un’interpretazione
straordinaria, intensa e delicatissima del capolavoro schubertiano,
accompagnato da un pianista d’eccezione come Helmuth Deutsch (lo stesso
della registrazione Sony).
Kaufmann attacca il Lied n. 1, Gute Nacht
(Buona notte), con voce quasi priva di armonici, in apparenza fredda, ma
soprattutto sommessa, con un accorgimento tecnico che costituisce la cifra
distintiva di tutta l’esecuzione. Sin da subito, inoltre, è la voce in sé a
catturare l’attenzione degli ascoltatori, perché dotata – come poche altre
oggi – di una “personalità” riconoscibile e originale: un timbro dalle
inflessioni baritonali, un colore che non è né chiaro né scuro, una linea di
canto sostenuta da fiati robustissimi, acuti di timbro più chiaro ma
squillanti, per non citare che le caratteristiche più evidenti. Il
pianissimo dell’ultima strofe è davvero magico, anche grazie al tocco
vellutato del pianista («Passando ti scriverò / sull’uscio: Buona notte. /
Così avrai la prova / che io t’ho pensato»): sembra proprio di vedere
l’innamorato che trattiene il respiro nell’accostarsi alla porta dell’amata.
Un atteggiamento più marcatamente tenorile si coglie nello sfogo della voce
in certi acuti, come nel n. 2, Die Wetterfahne (La banderuola). Ma più che
nel registro alto, peraltro correttissimo, il fascino vocale di Kaufmann è
nella leggera brunitura delle note centrali; se questa si unisce poi alla
capacità di fraseggiare, si comprende l’esito perfetto di alcuni Lieder,
come il celebre n. 5, Der Lindenbaum (Il tiglio). In alcuni altri, invece,
si risente a distanza di anni la lezione di Dietrich Fischer-Dieskau su
dizione ed emissione in pianissimo, come nel n. 7, Auf dem Flusse (Sul
fiume). A differenziare il ritmo pensa Deutsch, per esempio con
accelerazioni molto drammatiche nel n. 8, Rückblick (Uno sguardo indietro).
Ma la voce del tenore magnetizza pressoché tutta l’attenzione, anche per
l’eclettismo tecnico: le filature degli acuti in pianissimo ricordano lo
stile del falsetto (come nel finale del n. 9, Irrlicht, Fuoco fatuo), mentre
l’espressività può sfruttare i rarissimi momenti d’ironia quale occasione
per far risaltare il resto della tragedia (come nel n. 11, Frühlingstraum,
Sogno di primavera).
Ma qual è veramente la Winterreise di Kaufmann,
quale il suo coinvolgimento interpretativo? Nella disperazione che conduce
alla morte, così come nei pochi momenti distensivi (per esempio il n. 13,
Die Post, La posta) predominano una compostissima eleganza, un contegno
controllatissimo che non eccede mai in alcuna direzione. Un timido
sconvolgimento si percepisce appena nel n. 18, Der stürmische Morgen
(Mattina tempestosa), tappa importante del ciclo, soprattutto se congiunta
al successivo n. 19, Täuschung (Illusione), perché tono e porgere sono
estremamente diversi, come i soli titoli lasciano supporre; ma alla fine
ritorna sempre la seraficità. La Winterreise di Kaufmann non ha quindi nulla
di lugubre, di rassegnato, neppure di mesto: è tutta quanta cantata con
intonazione serafica dell’incontro con la morte. Senza dubbio lo stile del
cantante e quello del pianista sono in totale sintonia, come si avverte
sempre più fino ai nn. 21 e 23, Das Wirtshaus (L’osteria) e Die Nebensonnen
(Altri soli). Al culmine della climax è poi l’incredibile n. 24, Der
Leiermann (L’uomo dell’organetto), in cui Deutsch fa risaltare lo staccato
tra i suoni, rallentando il tempo come sinora non aveva ancora fatto; in
parallelo Kaufmann appare vocalmente trasfigurato, e porge tutto a mezza
voce e in pianissimo, esattamente come all’inizio: la coerenza stilistica
della Ringkomposition è sempre ripagante.
Spentosi l’ultimo accordo
del pianoforte, il pubblico della Scala fa unanimemente scattare un applauso
che diventa sempre più caloroso, fino alle grida di congratulazione
all’indirizzo del tenore; si moltiplicano le sue chiamate in sala, e
l’entusiasmo cresce tanto, che Kaufmann s’inginocchia al centro del
palcoscenico, raccogliendo commosso ulteriori acclamazioni.
Appena
tornati a casa dal concerto, il gesto più naturale sembra quello di
ascoltare il cd Sony Classical pubblicato lo scorso febbraio (da qui
l’ascolto dell’album), e confrontare la registrazione della Winterreise con
l’esecuzione dal vivo. Il disco è un prodotto di altissima qualità, come già
il precedente realizzato per Sony (The Verdi Album, con Pier Giorgio Morandi
direttore); ma esso, ovviamente, non regge il confronto rispetto all’ascolto
in teatro: il sistema delle dinamiche, le mezze voci, i pianissimi, e ancor
più la capacità di trattenere il fiato e il “corpo” stesso della voce, non
possono essere riprodotti adeguatamente neppure nella più sofisticata delle
registrazioni. Dal vivo, invece, questa capacità di sottrazione risalta con
perfetta efficacia retorica: e trasforma in grande artista quel cantante
che, avendo appunto gran voce, fa di tutto per nasconderla, per diminuirne
la potenza, per occultarla. Perché la vera arte, anziché l’ostentazione,
ricerca piuttosto l’annullamento di se stessa; proprio come il
Kaufmann-viandante del Viaggio d’inverno, nobilmente avviato verso la
dissolvenza di sé e del freddo mondo in cui si muove.
|
|
|
|
|
|
|