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L'Opera, dicembre 2012 |
Alessandro Mormile
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Nizza, 9. November 2012
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Il Principe dei tenori batte il Doge
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Nizza: delude il Simon Boccanegra inaugurale dell'Opera, e cosi la vera
apertura di stagione è da considerarsi il trionfale recital del cantante più
conteso del momento, Jonas Kaufmann un interprete per certi versi gia
storico
La vera inaugurazione della nuova stagione dell'Opéra di
Nizza è però da considerarsi la serata di gaia che ha visto quale osannato
protagonista il divo Jonas Kaufmann. Accompagnato da Philippe Auguin alla
testa dell'Orchestra Philharmonique di Nizza (in bell'evidenza soprattutto
nelle pagine strumentali wagneriane), il celebre tenore tedesco si è esibito
in una impegnativa carrellata di arie d'opera. Il programma si presenta da
solo: «Cielo e mar» da Gioconda; «La fleur que tu m'avais jetée» da Carmen;
«Pourquoi me réveiller » da Werther, «Mamma, quel vino è generoso» da
Cavalleria rusticana; l'Improvviso da Andrea Chénier; «Winterstürme» da Die
Walküre e «In fernem Land» da Lohengrin. Quattro i bis: «Dein ist mein
ganzes Herz» da Das Land des Lächelns, «Du bist die Welt für mich» di
Richard Tauber, «E lucevan le stelle» da Tosca e «Core'ngrato».
Orbene. Jonas Kaufmann è il tenore più conteso del momento. Lo è perché è un
cantante di valore artistico assoluto; non si accontenta di possedere il
dono della voce in quanto tale, beandosi del bel suono fine a se stesso, ma
la utilizza per conquistarsi il pubblico con una ricercatissima attenzione
al dettato espressivo funzionale alla verità teatrale del personaggio.
L'indubbio fascino della figura, che tanto fa presa sui fans, fa di lui il
prototipo del vero divo dello star system come oggi il teatro d'opera
concepisce e richiede: aitante ma dal viso malinconicamente avvolto
nell'allure decadente del bel tenebroso. È ovvio che le immagini di
copertina dei suoi Cd non basterebbero in sé a creare una star se il bel
Jonas non avesse anche quelle caratteristiche che rendono inconfondibile il
suo approccio al canto. Partiamo dalla voce, che è singolarmente scura -
come è ben noto a chi ci legge - eppure sempre flessibilissima (lega le
frasi e sfuma i suoni come solo i grandi sanno fare) ed insieme di vibrante
sostanza tenorile, con acuti frementi di vigore e inflessioni estatiche che,
nelle mezze voci, si caricano di interiorizzato fascino febbrile. Ma sono
vere mezze voci? Oppure, come molti sostengono, l'emissione non è così
ortodossa e omogenea? Indubbiamente, ad apertura di concerto, talune
incertezze si colgono in un «Cielo e mar» miniato nel fraseggio ma
vocalmente non , del tutto ineccepibile (eppure l'acuto conclusivo,
attaccato in pianissimo e poi rinforzato, lascia sbalorditi). Nel, prosieguo
della serata la voce si scalda e i dubbi via via si sciolgono come neve al
sole di primavera. Così avviene nella disperata foga passionale delle strofe
di Ossian del Werther, nello struggente addio alla madre dalla Cavalleria e,
soprattutto, nell'Improvviso dallo Chénier, dove la veemenza tormentata di
una voce così brunita si plasma sul significato della parola cori
comunicativa teatrale, oltre che vocale, davvero coinvolgente. A Kaufmann
basta un'aria per far vivere il personaggio nella totalità della sua
completezza psicologica, in una dimensione espressiva virile emozionalmente
appassionata. Nelle pagine wagneriane può considerarsi interprete già
storico, nelle altre forse non ancora. Ma come non rimanere sbalorditi
dinanzi al «Core 'ngrato» che chiude la serata: raramente lo si sente
intonare in maniera così emotivamente partecipata dai tenori italiani. Tutti
in piedi, a termine concerto, ad acclamare e consacrare la voce del tenore
più glamour dei nostri giorni.
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