Il Messaggero, 22. Oktober 2006
ALFREDO GASPONI
Berlioz: La damnation de Faust, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, 21 Ottobre 2006
Pappano, che bella "Dannazione"
Il capolavoro di Berlioz esalta orchestra e coro, generosi i cantanti
ROMA - Un grande sogno romantico colmo di poesia anche se destinato a infrangersi. Così Antonio Pappano ha inteso La damnation de Faust , "leggenda drammatica" di Hector Berlioz che ha inaugurato ieri la stagione sinfonica di Santa Cecilia all'Auditorium. E la sua interpretazione, dopo due ore e venti di musica senza interruzione, ha preso il pubblico: alla fine, dieci minuti di applausi. Al direttore, ai cantanti e al maestro del coro Norbert Balatsch ha fatto i complimenti il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che gli artisti sono andati a salutare in platea mentre il pubblico batteva le mani. Accanto al capo dello Stato il sindaco di Roma, Walter Veltroni, e il ministro della cultura Francesco Rutelli.

In un certo modo, l'approccio di Pappano a Berlioz ha riservato una sorpresa. Ci si poteva attendere che il maestro italaoamericano, con il suo temperamento sanguigno, esaltasse soprattutto i momenti spettacolari della Damnation , che ne è ricca, a partire dall'elegante Marcia ungherese che marchia subito di grandezza la partitura. E in effetti qui, come nella grottesca scena dei bevitori e nel Pandemonio conclusivo, la sua interpretazione è stata accesamente teatrale.

Ma l'opera di Berlioz, in cui il protagonista, a differenza di quanto avviene in Goethe, si sacrifica per la sua donna e precipita nell'inferno, è innanzitutto interiorità, nella descrizione musicale del desiderio di un amore impossibile e di abbandono alla divinità della natura. Pappano l'ha inteso, ed ha capito che il diavolo di Berlioz non è un satanasso ghignante, ma un campione dell'ambiguità: pittoresco e simpatico come nella fosforescente Serenata , e con una nobiltà da angelo decaduto. E dunque ha mosso orchestra e coro privilegiando delicatezza e mezzetinte, come nella Danza delle silfidi , sorta di sonnambolico carillon; e come nel translucido minuetto dei folletti. Una direzione ricca di atmosfera e suggestione.

Il diavolo, in verità, stava realmente per metterci la coda, perché i due cantanti protagonisti, il tenore James Kaufmann e il basso Erwin Schrott si erano ammalati durante le prove. Ma, con grande coraggio, ce l'hanno fatta entrambi: al primo i postumi della malattia hanno dato un tono sofferente che ha reso il suo Faust ancor più tormentato ed estatico; il secondo è stato un Mefistofele "gran signore", dicitore tanto solenne quanto insinuante. Stupenda Margherita, Vesselina Kasarova, voce brunita, dalle risonanze musorgskiane. Per riassumere la bravura dell'orchestra basterà ricordare l'intensità degli interventi del corno inglese di Mary Cotton Savini e della viola di Raffaele Mallozzi. Il coro ha festeggiato il ritorno del grande Balatsch con una prestazione maiuscola e intelligente, vedi l' Amen volutamente più ironico che mistico nella scena dei bevitori. Da non perdere. Si replica lunedì e mercoledì.






 
 
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