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Corriere della Sera, 19 dicembre 2015 |
di Giuseppina Manin |
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Il mio Puccini è anche pop
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«La mia droga si chiama Puccini» confessa Jonas Kaufmann. «Se l’hai provato
non puoi più farne a meno» prosegue il tenore dalla voce d’oro e gli occhi
tenebrosi. «La sua è la musica più emozionante e sensuale che esista
all’opera. Non si può ascoltarlo senza farsi prendere il cuore, non si può
cantarlo senza dargli il cuore». Il segreto è tutto lì: «Lasciarsi andare,
nuotare dentro quel flusso di passioni». Ma per nuotare bisogna spogliarsi.
«Puccini ti costringe a metterti a nudo, ogni volta che lo canti sveli molto
di te. È difficile, anche un po’ impudico… Bisogna raggiungere, come diceva
Karajan, l’“estasi controllata”. Convincere gli altri, te stesso per primo,
che quella non è una storia, ma è la “tua” storia. Funziona».
Funziona da quando a sei anni vide Butterfly e decise che quella era
«l’opera», funziona a ogni suo grande ruolo pucciniano, dal cavaliere Des
Grieux a Cavaradossi a Rodolfo… «Mi manca Calaf in Turandot. Arriverà».
Intanto l’aria clou, quel Nessun dorma vera icona della lirica, l’ha
accompagnato lungo un anno vissuto puccinianamente. Ha dato il titolo
all’album inciso per Sony Classical con Tony Pappano e Santa Cecilia, subito
entrato tra i primi dieci nelle classifiche pop inglesi, francesi, tedesche
e spagnole (non accadeva dai tempi dei Tre tenori, una trentina d’anni fa).
Classifiche pop, critici pop, equivoci esilaranti. Nessun dorma è stato
scambiato da qualcuno per un manifesto anti sonno. Ben sveglie di certo
erano le fanciulle che ai Proms di Londra hanno accolto Jonas con «ole» e
lanci di mutandine. Ben sveglia la platea della Scala, che ha salutato il
suo recital con ovazioni, lanci di fiori e 40 minuti di applausi. Serata
memorabile, ora diventata un film. In An Evening with Puccini Kaufmann
appare in teatro ma anche a spasso in Galleria. «Sono molto legato a Milano,
una delle città più musicali del mondo». Nelle sale di tutto il mondo dal 23
febbraio, l’anteprima venerdì scorso a Torre del Lago, dove il tenore ha
ricevuto il Premio Puccini. «Mi ha commosso essere per la prima volta in
quei luoghi tanto amati dal Maestro. Sua nipote Simonetta mi accolto, mi ha
fatto visitare il museo da poco riaperto. E poi, visto che Puccini è sepolto
lì, ho voluto portare un fiore sulla sua tomba».
Subito ripartito,
stasera a Parigi canta all’Opéra Bastille ne La Damnation de Faust di
Berlioz. Protagonista solo canoro, visto che per il regista Alvis Hermanis
Faust è una sorta di Stephen Hawking, certo poco somigliante a Jonas, e
difatti sostituito in scena da un mimo in carrozzella. Uno spreco insensato.
Perché prendere il più bello (e il più costoso) della lirica e poi usarlo
solo a metà in nome di una visione strampalata, dove Mefistofele tenta Faust
a sbarcare su Marte? «Conciliare nuove idee senza distruggere i gioielli
dell’opera è il grande problema della lirica oggi — commenta lui, che ci è
rimasto male —. Purtroppo i registi spesso non ascoltano la voce della
musica».
Chissà come andrà al Metropolitan, dove a febbraio sarà di
scena con una Manon Lescaut diretta da Fabio Luisi e ambientata nella
Francia occupata dai nazi, su un set da film noir. «La amo tanto
quell’opera… Il grido disperato di Des Grieux nel finale è una vera eruzione
musicale». E alla Scala? Riccardo Chailly adora Puccini e ha promesso per i
prossimi anni l’integrale delle sue opere. L’incontro tra i due potrebbe
fare faville. «Mi piacerebbe molto. Finora non c’è stata l’occasione, ma ci
conto». Ma a Jonas non piace solo classico. La sua passione per Madonna è
nota: È fantastica, si ricrea di continuo e sempre con lo stile giusto».
Duetterebbe con lei? «E perché no?».
Intanto, nel 2016 c’è in vista
un progetto italiano. Stavolta con la bussola rivolta a sud. A Palermo o
forse a Catania. Kaufmann, che a Salisburgo è stato protagonista di una
rovente Cavalleria Rusticana, pensa a uno spettacolo di passioni. «Guardando
alla tradizione lirica ma anche a certe vostre magnifiche canzoni… Sarà il
mio omaggio all’Italia del sud».
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