L'Ape musicale, 26 Gennaio 2017
di Gustavo Gabriel Otero
 
Wagner: Lohengrin, Paris, Opera Bastille, 24. Januar 2017

Lohengrin, l'inquieto
 
Torna con successo a Parigi l'allestimento firmato da Claus Guth per la Scala, sempre con Jonas Kaufmann protagonista. Eccellente anche la concertazione di Philippe Jordan.

PARIGI, 18 gennaio 2017 - Una gran serata d'opera a Parigi per il debutto locale dell'allestimento proveniente dal Teatro alla Scala di Milano, dove inaugurò la stagione il 7 dicembre 2012, la presenza di una compagnia illustre capitanata da Jonas Kaufmann, l'eccellenza dei complessi stabili dell'Opèra e la bacchetta giovane quanto collaudata e sicura di Philippe Jordan.

L'incipit del Preludio di Lohengrin esposto con lentezza, facendo risaltare la trama orchestrale, la chiarezza e la sottigliezza hanno offerto un saggio della lettura strumentale suntuosa e profonda della partitura. Non vi è stato spazio per un incdere greve o eccessibo. Si è accentuato il romanticismo pur senza rinunciare all'efficacia di fanfare e momenti eroici. Un lavoro eccellente, da parte di Philippe Jordan, con una risposta di primo livello da parte di tutte le sezioni dell'orchestra dell'Opèra National de Paris.

Al levarsi del sipario troviamo una scena, pressoché immutata per le tre ore e mezza a seguire, composta dal cortile interno di un edificio a tre piani con sei porte ad ogni livello sul fondo, tre ai lati. La produzione di Claus Guth con drammaturgia di Rommy Dietrich colloca l'azione negli anni 1850 in Germania e Lohengrin diviene una creatura fragile e sfuggente, che cerca costantemente di celarsi, con l'atteggiamento di chi si sente perennemente a disagio, Non ci sono qui cigni, cavalieri, gloria o armi ed è stato evitato ogni richiamo al mondo medievale evocato nel libretto, bensì introspezione psicologica: tutto appare ben ponderato, corentemente elaborato, più simbolico che romantico e molto accurato. Se si accetta la trasposizione, funziona, altrimenti non si è comunque disturbati, il che non è poco. I circoscritti ma sonori bu del pubblico agli artefici della messa in scena forse indicano l'insofferenza di alcuni verso questo tipo di porposte, benché questa in particolare non sia affatto provocatoria e priva di senso, come invece capita in molti altric casi.

Forse le luci di Olaf Winter sono state, visivamente, l'aspetto migliore, sorprendenti per bellezza e atmosfera in ogni momento; le scene e i costumi di Christian Schmidt sono parse del tutto funzionali al concetto registico e drammaturgico. Al bianco dell'abito di Elsa si contrappone il nero di Ortrud e al semplice pantalone scuro con camicia bianca di Lohengrin le ricche tenure borghesi di Telramund e del coro, o la sobria divisa militare di Heinrich. Quando l'autore prevede spazi aperti, questi sono comunche racchiusi in un clima opprimente. Un pianoforte rimane sulla scena per quasi tutta l'opera e, con altri elementi, costituirà il luogo delle reminiscenze di Elsa, con Ortrud quale crudele istitutrice. Completano il quadro un albero nel primo atto e una tavola nel secondo. Quando il testo richiede la camera nuziale, essa si tramuta in un giardino con uno stagno dalle suggestioni paradisiache.

Jonas Kafmann colpisce nel segno con questo Lohengrin titubante, disadattato e timoroso, incarnato con totale convinzione scenica e potenti mezzi vocali. Dopo una pausa di quasi cinque mesi, per un ematoma diagnosticato alle corde vocali, non ha riscontrato problema alcuno nell'emissione: la sua voce si proietta nella grande sala della Bastille e la sua qualità risulta intatta, l'acuto fermo e glorioso, l'interpretazione magnifica. I suoi interventi iniziali, nel primo atto, sono stati molto attenti e la prestazione è andata in crescendo fino a un terzo atto da antologia per l'eccellente gestione di mezzavoce e pianissimo.

René Pape ha prestato il velluto della sua voce al re Heinrich e qualche acuto problematico non ha offuscato una prova squisita. Un grande Telramund è stato offerto dal basso-baritono polacco Tomasz Konieczny tanto per la linea di canto quanto per la recitazione.

Martina Serafin è stata una Elsa interessante, di buon fraseggio, timbro un poco duro e dolore metallico. Da parte sua, Evelyn Herlitzius come Ortrud ha commosso per il suo passionale coinvolgimento nel personaggio, oltre che per l'eccellente registro centrale, mentre ha evidenziato una tendenza a perdere il controllo dell'acuto.

L'Araldo è stato molto ben servito da Egils Silins, corretto il resto del cast ed eccellente il Coro dell'Opèra de Paris, preparato da José Luis Basso per una prestazione d'alto livello.
















 
 
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