Musica, novembre 2013
Stephen Hastings
 
Liederabend, Teatro alla Scala, Milano, 21. Oktober 2013

Jonas Kaufmann - Recital di canto
 
Due sere dopo l'atteso Liederabend di Jonas Kaufmann ha dato prova ulteriore dell'ottimo stato di salute della scuola di canto tedesca (fra un mese poi è attesa Diana Damrau in Traviata) il tenore monacense somiglia a René Pape nella finezza delle scelte musicali e nell'impiego generoso delle mezze voci. Ha tuttavia una personalità molto diversa non solo dal basso di Dresda ma anche da quasi tutti i tenori che si sono esibiti in recital scaligeri negli ultimi trent'anni. Una personalità timida e introversa in cui prevale spesso la dimensione yin — per dirla con i filosofi cinesi — su quella yang. Per gran parte del recital — specialmente nei quattro Lieder di Liszt, nel Dichterliebe di Schumann e nei Wesendonck-Lieder di Wagner la voce di Kaufmann, invece di espandersi nella sala, riscaldando ed energizzando gli ascoltatori, sembrava un po' ripiegata su se stessa. Il fraseggio era miniato con ammirevole sensibilità, ma lo strumento rimaneva un po' freddo, quasi falsetteggiante in alcuni pianissimi, con una percepibile separazione tra le emissioni di testa e quelle di petto. La dizione era sempre netta, ma leggermente inerte: la tecnica del tenore non gli permette infatti un'emissione realmente a fior di labbro. Sul piano espressivo, era come se Kaufmann volesse succhiarci dentro il suo mondo privato, pretendendo la massima concentrazione da parte del pubblico. Il quale gli è andato incontro con ammirevole attenzione (la qualità del silenzio durante gli ascolti era tanto notevole quanto il calore degli applausi) e questa condivisione ha permesso alcuni esiti di reale suggestione, come il sussurrato « Hör' ich das Liedchen klingen » nel ciclo schumanniano. Solo con il gruppo di Lieder straussiani, tuttavia, abbiamo avvertito una maggiore in, tegrazione fra i registri della voce —il passaggio da pianissimo a forte nell'ottava alta — e quest'impressione si è rinforzata nei primi bis: « Breit' über mein Haupt dein schwarzes Haar» e «Zueignung». Poi sono arrivati due brani verdiani e improvvisamente, aiutato forse dall'idioma più estroverso, è emerso il lato yang del tenore. Le risonanze del suo corpo sembravano entrare in sintonia con quelle della sala del Piermarini. La scelta di proporre l'« Ingemisco » in questo contesto era decisamente audace — tra i tenori del Novecento soltanto Jussi Björling lo programmava regolarmente in recital — ma l'esito sembrava ancora più appagante che nelle recenti esecuzioni con Barenboim, grazie alla maggiore flessibilità agogica che l'accompagnamento pianistico (garantito dall'impeccabile Helmut Deutsch) permetteva. Anche in «Tu che in seno agli angeli» dalla Forza del destino Kaufmann andato ben oltre i risultati raggiunti nel recente disco per la Sony, esponendosi emotivamente con una franchezza che conquistava (unita a una ampiezza di fiati formidabile). E in « Dein ist mein ganzes Herz » ha espresso persino un certo charme sorridente, con mezze voci ora più calde e carezzevoli.







 
 
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