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Classic Voice, giugno 2011 |
Robert Levine
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Wagner: Die Walküre, Metropolitan Opera
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Die Walküre
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"Deborah Voigt ha messo un piede in fallo e ha cantato `Ho jo-to-ho' pancia
a terra; dieci giorni dopo una Valchiria è caduta dal suo cavallo/trave"
Alla loro ultima apparizio ne quaggiù, nel finale del Rheingold, gli Dei
erano inquadrati dall'alto mentre varcavano il Ponte dell'Arcobaleno per en
trare nel Valhalla, che si chiude va alle loro spalle grazie alle 24 travi
grigiastre - onnipresenti e in moto perpetuo - con le quali il regista
Robert Lepage e lo sceno grafo Carl Fillon affollano il palcoscenico del
Met. Le travi sono ancora al loro posto quando si scatena la tempesta che
apre Die Walküre, e ci restano per tutta l'opera trasformandosi a vista (e
producendo spiacevoli rumori).
Le 40 tonnellate di macchinario
continuano ad affascinare, sconcertare, e generare rischio: la sera della
prima, Deborah Voigt ha messo un piede in fallo e ha cantato "Ho jo-to-ho"
pancia a terra; dieci giorni dopo una Valchiria è caduta dal suo
cavallo/trave e ha dovuto ritirarsi.
Nessun disastro del genere alla
recita cui ho assistito, ma al centro dei commenti resta l'innegabile
fascino di proiezioni e scenografie. Le nubi tempestose del primo atto
diventano un'abbacinante bufera di neve prima che le travi si dispongano a
for mare i tronchi di una densa foresta; Wotan appare su una nera roccia
vulcanica coperta di lava fusa. Nel secondo atto un'enorme pupilla
occhieggia sotto le rocce, permettendo a Brunilde di "vede re" i fatti
narrati; l'ultimo atto ci mostra le Valchirie, ciascuna a cavalcioni di una
trave, caracollanti su e giù. Sorge poi una montagna incappucciata di neve,
e l'ultima immagine, sempre inquadrata dall'alto, è quella di Brunilde
coricata a testa in giù sul suo scoglio cinto di fiamme. Stupefacente, ma
anche fonte di distrazione; invece di lasciarsi prendere dalla musica ci
s'interroga sulla prossima tro vata. Inoltre Lepage dimentica talora di
guidare i cantanti: con tutto quel macchinario Brunilde si limita ad entrare
in scena come se venisse da una passeggiata per annunciare a Siegmund il suo
fato di morte. Bryn Terfel è un Wotan di colossale presenza fisica e istin
to drammatico superbo, ma dai Velsunghi e da Brunilde vediamo poco più che
gesti stereotipati.
Jonas Kaufmann è un Siegmund attento ad
ogni sfumatura, ad ogni trapasso nella volatile atmosfera del primo atto.
Canta "Winterstürme" con mirabile colore ed espressione, fra dolcezze
squisite e poderose esplosioni. Eva-Marie Westbroek pare una
Sieglinde ritrosa: bella coppia ma un po' distaccata. Hans-Peter König torna
con smalto alla tradizione vocale degli Hunding perfidi e minacciosi, anche
se per aspetto somiglia più a un Falstaff che non a un guerriero.
Sembra che lo spartiacque di questo allestimento sia il momento della resa
di Wotan alle pretese della moglie, dopodiché tutta la sua burbanza virile
si cambia in rabbia e autocommiserazione. Terfel infuria e recrimina con
gran passione e volume senza provoca re stanchezza; ma nel finale il suo
amore per Brunilde tocca vertici di commozione quando la voce gli si
restringe ad un tenero sussurro. La Fricka di Stephanie Blythe, affondata in
un trono decorato da corni d'ariete, quasi si porta via l'opera con
l'autorevolezza dei suoi toni grandiosi. A un certo punto (somma
manipolazione!) rompe perfino in lacrime, e Wotan si arrende.
La
Voigt, al suo debutto nel ruolo di Brunilde, è semplicemente inadeguata. La
voce ha perso calore, gli acuti si sono assottigliati, e il registro
centrale non è mai stato il suo forte. Specie a causa di quest'ultimo
difetto, nell'Annuncio di Morte e nel decisivo scontro finale col padre il
suo canto risulta debole e poco convinto.
Rispetto alla sua ultima
esibizione in questo titolo James Levine ha potato qualche minuto dal primo
e dall'ultimo atto, cosa non sgradita. Tutta l'opera pareva, come da
copione, un lungo racconto; inoltre ha fatto attenzione a non travolgere la
signora Voigt. Anche se Lepage rinuncia ad un qualunque approfondimento
registico, Levine riesce ad avvincere l'ascoltatore. Forse, come si usava
dire di Marilyn Monroe, questo ciclo del Ring sarà bellissimo ma tonto.
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