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Il Sole 24 Ore, 08 dic 2009 |
di Carla Moreni |
Bizét, Carmen, Mailand, 7. Dezember 2009
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Con Carmen aria nuova alla Scala
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Ha dimostrato due cose importanti, la Carmen di Bizet che ha inaugurato ieri
sera la stagione d'opera del Teatro alla Scala: la prima è che i giovani
vanno incoraggiati. La seconda, che alle spalle dei debutti ci vuole sempre
il timone di una figura esperta. Così è andata questa nuova produzione, dove
le due debuttanti erano nientemeno che la protagonista dell'opera, la Carmen
suadente e appassionata di Anita Rachvelishvili, e la regista Emma Dante:
mai calcato un palcoscenico d'opera,mai firmata una regia lirica, eppure
quanta novità, quanto importante il suo segno interpretativo sull'opera. Che
ventata di aria fresca ieri sera in Scala. E pazienza per qualche fischio
piovuto dal Loggione. Al quale ha rimediato Daniel Barenboim, forte di 15
minuti di applausi, richiamando sul palco la Dante a braccia alzate, offerta
al calore della platea. Alla fine traguardo raggiunto. «È stata la
consacrazione dei giovani talenti –ha sintetizzato per tutti il presidente
Giorgio Napolitano – sotto la straordinaria direzione di Barenboim».
Alle spalle delle due debuttanti, appunto, è stata fondamentale la bacchetta
di Barenboim, per il quale la Carmen di Bizet rappresentava una scommessa.
Scommessa vinta, proprio per il coraggio di raccontare la partitura con
segni di invenzione e di imprevedibilità. Al di là della tradizione, la
Carmen della Scala ha colpito soprattutto perché non ha messo l'accento
tanto sui tradizionali momenti, su quei numeri chiusi che caratterizzano
l'opera, e le conferiscono quel forte carattere spagnolo, ma ha puntato a
scavare, e a restituire con forte emozione i momenti meno tradizionalmente
legati al nostro ascolto. I duetti, in particolare. E non a caso,
l'applauso più sentito, da parte del pubblico della prima della Scala è
stato il grande duo del secondo atto: qui in scena avevamo Anita e il Don
José di Jonas Kaufmann, un tenore debuttante anche lui sul palcoscenico
milanese, e che ha finalmente scalfito quell'idea di tenore sempre gridato
attraverso la forte esibizione della voce. Al contrario Kaufmann, in
profonda intesa con il giovane soprano georgiano Rachvelishvili, ha
intrecciato un grande duo di seduzione, di abbandono, di resa che faceva da
autentico baricentro interpretativo dell'opera.
Il tema fondamentale che usciva da questa lettura dell'opera, più che quella
tradizionale della donna fatale e seduttiva, un po' ammiccante e molto
mangia uomini, era invece quello di una femminilità libera, che la libertà
invocava per sè e per tutti. Carmen nella lettura di Emma Dante ci sembra
rappresentare un'ideale nascosto in tutti noi, ma in particolare annidato
nelle corde di una femminilità segreta. Una femminilità che non ha come
scopo principale quello della mera seduzione, quanto piuttosto quello di
portare Don José, e insieme a lui tutti noi a visualizzare dei sogni. E il
sogno principale della Carmen della Scala è una quantomai attuale libertà.
Nello spettacolo, indimenticabile, si staglierà nella memoria il duetto del
primo atto, con l'incatenamento, attraverso il canto, ma anche attraverso
quelle due magiche funi protese dall'alto, dei due
protagonisti.Efficacemente preparato da Bruno Casoni, il coro insieme
all'orchestra ha rappresentato come sempre il motore portante del teatro
milanese. Abbiamo apprezzato in particolare la duttilità e la capacità di
essere in perfetta sintonia drammaturgica con le intenzioni della regia, che
portava in scena una lettura d'opera molto fortemente orientata a
dimostrarsi teatro, dalla prima all'ultima nota.
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