Corriere della sera, 1 gennaio 2017
di Giuseppina Manin
 
 
Il ritorno di Kaufmann: «Quanti gossip sulla mia salute»
 
Il tenore debutta a Parigi con «Lohengrin», stesso allestimento della Scala dopo una lunga pausa forzata per un problema alle corde vocali: «È stato un periodo duro»

Quattro mesi senza poter cantare sono troppi per chiunque pratichi il mestiere. Un incubo se ti chiami Jonas Kaufmann. Eppure il tenore dei tenori, il più richiesto dai teatri lirici del mondo, da tempo non canta più. Un forfait dietro l’altro, persino alla cerimonia dei Nobel, dove la sua voce avrebbe dovuto far scordare la delusione Dylan. Invece...

Come ha vissuto questo periodo di forzato distacco dalla scene?

«È stata dura davvero. Amo cantare e mai prima d’ora sono stato costretto a una pausa così lunga. Non è stato facile, ma che altro potevo fare? Ho cercato di essere paziente e seguire i dettami del medico. E ignorare i gossip che giravano sulla mia salute. Il venticello del “si dice” non mi interessa. La verità è questa».

E qual era la verità?

«Che la mia voce era fuori uso per via di un ematoma alle corde vocali. Un bel guaio per chi la spinge ogni sera al massimo volume. Christa Ludwig, grande mezzosoprano, ha avuto lo stesso problema. E mi ha avvisato: Jonas, non fare bravate, non tornare a cantare prima che l’edema si sia completamente riassorbito».

L’annus horribilis è passato e ora lei torna a cantare. Il 18 gennaio a Parigi con Lohengrin, stessa edizione che la vide alla Scala nel 2012.

«Da giorni sono al lavoro all’Opéra Bastille. Felice come un ragazzo. Il dottore è stato chiaro: posso riprendere ma con calma, passo dopo passo. Cantare un’opera equivale a una performance sportiva d’alto livello».

Dopo tanti patemi e rinvii, di nuovo sul palco.

«L’ultima esibizione è stata a Napoli, lo scorso settembre al San Carlo con un recital di canzoni tratte dal mio ultimo album, Dolce vita. Omaggio a un Paese e a un modo di vivere che adoro, alle melodie napoletane ma anche a titoli noti in tutto il mondo, dal tema del Padrino a Caruso di Dalla».

Amore ricambiato, come dimostra il successo dell’album e del dvd dove lei sfreccia su una spider rossa cantando Volare.

«Con l’Italia ho un legame speciale. Da bambino ho passato tante estati sull’Adriatico... Ho scoperto come musica e canto siano parte fondante della vostra cultura. Avevo 6 anni quando vidi a Monaco Butterfly e capii la magia dell’opera. Se ami Puccini e Verdi non puoi non amare le grandi canzoni italiane, capaci di muovere emozioni come le romanze liriche».

Perché in Germania non è successo qualcosa di simile?

«Dopo la Seconda guerra mondiale in Germania, come in altri Paesi, la composizione è cambiata. Si cercava un nuovo inizio, tutti si cimentavano in creazioni molto intellettuali, che però trascuravano un elemento fondamentale: la passione. Gli italiani invece hanno modernizzato il linguaggio musicale senza sacrificare la melodia. Perché amano cantare e quindi cercano istintivamente la cantabilità».

L’italiano canterino. Non è un po’ un cliché da stranieri?

«Forse sì, ma c’è della verità. Qui vedi spesso uomini e donne che canticchiano mentre fanno altro, per strada, al lavoro... Se su un autobus tedesco qualcuno si mettesse a cantare, che succederebbe? La gente aprirebbe il borsellino pensando che sia lì a elemosinare. In Italia invece c’è l’urgenza di seguire un’emozione».

Dolce vita è anche il titolo di un film famoso...

«Mi sarebbe tanto piaciuto incontrare Fellini, mi sarei subito proposto per lavorare con lui. In un’opera, in un film... Tutto pur di lavorare con tale genio. Mi ha entusiasmato recitare con Malkovich in Casanova Variations. Una piccola parte ma mi ha lasciato addosso la voglia di riprovarci. Chissà, forse mi aspetta una seconda carriera d’attore...».









 
 
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