Diners Club Magazine, Nr 1, 2016
testo di Costanza Romagnoli
 
 
Jonas Kaufmann
 
Abbiamo incontrato per un'intervista esclusiva Jonas Kaufmann, la più grande superstar della lirica mondiale, l'uomo che - si dice - ha fatto innamorare cantanti come Madonna e stilisti come Dolce e Gabbana

Il tenore che riempie i teatri, e al quale la Royal Opera House di Londra e il Metropolitan di New York hanno dedicato (fatto più unico che raro) serate da solista. Questa volta il palcoscenico era quello del Premio Puccini, lo stesso che dal 1971 ha onorato le carriere dei più acclamati cantanti e direttori del mondo tra cui Luciano Pavarotti, Montserrat Caballé, Riccardo Muti e Mirella Freni. Kaufmann ci ha raccontato cosa vuol dire essere considerato da tutti, oggi, il più grande tenore del momento.
Nel mondo del cinema la musica è al servizio della regia, nell'Opera invece questo rapporto si ribalta. È la regia a essere al servizio della musica: di questo e di molte altre preziose curiosità abbiamo parlato direttamente con lui.

"Senza le emozioni la musica di Puccini non esiste, è scritta bellissima". Ecco come ha esordito Kaufmann, uscendo sorridente dalle quinte del teatro della Fondazioni Puccini a Torre del Lago, accolto dal suo pubblico che lo aspettava entusiasta. Impaziente di fare la sua conoscenza. Capace di affrontare ore di coda e viaggi interminabili pur di vederlo sul palcoscenico.

"Non bastano musicisti e voci eccellenti, non è sufficiente riprodurre la mera melodia, anche se di per sé è già meravigliosa, perché così facendo si raggiunge una bellezza fredda", spiega. "Per raggiungere quella bellezza che muove gli animi, bisogna aggiungere l'emozione, ecco qual è la vera essenza, la vera forza della musica pucciniana".

Tra il cantante e l'attore: quale delle due figure è più importante?

"Certamente la musica. Prima la regia non esisteva nemmeno, gli artisti indossavano bei vestiti e l'atmosfera teatrale da sola bastava al pubblico che riusciva a immaginarsi il resto. Lo spettatore creava interagendo con l'opera che andava a vedere, perché la musica ci permette di volare attraverso le nostre emozioni. Oggi affidarsi alla propria fantasia è diventato molto più difficile perché siamo abituati al cinema, alla televisione, ai cellulari. Il divertimento è accessibile senza sforzo. Noi artisti di teatro abbiamo l'onere di creare un'immagine quasi perfetta, simile appunto a quella del cinema e soprattutto simile a quella della vita, proprio perché l'immedesimazione possa essere immediata. Qualche volta però i registi esagerano.
La regia è il mezzo che trasporta l'Opera all'interno della vita, ma bisogna ricordarsi che l'Opera non è un museo.

Come reagisce quando il regista ha richieste che non approva o che reputa eccessive?

Queste situazioni sono sempre delicate e difficili, oggi mi trovo in una posizione privilegiata, forte, forse anche più importante di quella del regista. Naturalmente m'immedesimo nel pubblico per riuscire a capire l'effetto di quella specifica regia durante lo spettacolo. Essendo parte della scena, molto spesso non riesco a vedere l'intero, ma solo parti, quelle che mi vedono coinvolto. Mi pongo però sempre la domanda: che effetto fa l'intera opera? Sono convinto che per rinnovare il mondo dell'Opera sia necessario assumersi la responsabilità di un certo rischio. Spesso funziona, ma a volte no. Il vero grande problema è che le date di una Prima sono fisse e programmate da tempo, quindi si rischia su quello che è stato preparato. Noi cantanti e musicisti arriviamo una settimana prima della Prima e può capitare che ci si accorga che la strada intrapresa non sia quella giusta, ma cosa si può fare? O decidiamo di riproporre delle produzioni vecchie, ma questa, sono sicuro, è la via che porta alla fine dell'Opera, o rischiamo. È importante capire fino in fondo quello che un regista vuole comunicare, e proprio per questo, se non capisco, chiedo e do consigli. Ovviamente mi è capitato di sbagliare. Combattere o non accettare a prescindere nuove idee non è vincente, perché impedisce il progresso.
Secondo me ci sono compositori, o meglio opere, che si prestano alla trasformazione radicale, possono quindi vivere anche se ambientate in un altro luogo, con un'altra atmosfera e in un'epoca diversa, un esempio è Wagner, ma anche Mozart si presta quasi sempre! Interessante, vero? Questo discorso, invece, non funziona per Puccini, la sua musica parla, crea atmosfere, è la mamma delle colonne sonore, ecco perché in questo caso la musica stessa supporta le emozioni a tal punto, che noi vediamo le immagini. Faccio un esempio vicino a tutti e attuale: succede un po' quello che accade quando ascoltiamo la musica di James Bond.
Ci vengono automaticamente in mente solo le immagini legate a quel preciso tema, e non altre.
Le melodie pucciniane non funzionano in un ambiente troppo moderno e freddo, perché in un tale contesto, sarebbero contraddittorie.

Il cantante è un tramite tra il compositore e il pubblico. Com'è il suo rapporto diretto con Puccini?

La modernità e la passionalità di Puccini costringono l'interprete a un grande impegno, non sono ruoli che si possono interpretare con leggerezza o con gli automatismi che una lunga carriera mette in atto. Bisogna trovare il modo di farsi davvero trascinare dal flusso della passione per essere credibili e per coinvolgere il pubblico nel movimento delle emozioni.

C'è un'opera di Puccini che sente più vicina a lei sia dal punto di vista emotivo che da quello vocale?

Dick Johnson della Fanciulla del West è il ruolo che mi intriga di più. In fondo è un piccolo furfante che vediamo trasfigurato, attraverso gli occhi della donna che lo ama, in un grande uomo. Riuscire a rendere quest'ambiguità è sempre una sfida molto appassionante. È un personaggio estremamente umano che spinge l'interprete a un lavoro di approfondimento minuzioso per risultare credibile. lo mi sono divertito molto a "giocare" questo personaggio perché è semplicemente fantastico.

Vale la pena soffermarsi sulla differenza linguistica con il tedesco: "eine Rolle spielen" che significa "giocare una parte". È molto importante la sensazione particolare di "giocare" un personaggio. Il gioco dà il senso del divertimento che Kaufmann sottolinea tante volte.
Dietro la maschera della grande seriosità dell'Opera si svela un mondo divertente ed esilarante.

Qual è il punto più difficile della Fanciulla del West?

Il mio scoglio è sempre stato l'acuto del primo atto.

Cinque cose che ama dell'Italia?

Vengo in Italia da quando sono piccolo, la mia famiglia trascorreva qui le vacanze, andavamo sul mare Adriatico. Poi mano a mano che passavano gli anni ci spostavamo sempre più nel Sud Italia, bellissimo. Quello che ho sempre amato e amo molto di questo paese sono: il cibo, le bellezze artistiche, la semplicità nelle relazioni, la mitezza del clima, e naturalmente la cultura musicale.

Il suo CD s'intitola "Nessun dorma", per i cantanti invece dormire è molto importante, c'è poi una disciplina particolare che segue prima di ogni performance?

Certamente, riposare è fondamentale, come anche avere una vita equilibrata, bere poco alcol, mangiare in modo corretto e praticare attività fisica senza però strafare. Credo che le regole siano le stesse per chiunque.
Prima di salire sul palco scaldo la voce, come tutti, ma senza rituali particolari. È importante essere consapevoli che nel nostro mondo siamo dipendenti dal controllo perfetto del fiato che deve essere il più possibile sempre omogeneo. La respirazione bassa è quella corretta e bisogna riuscire a controllare e lasciare andare l'aria in un unico flusso continuo senza fermarsi. Il suono non deve risultare stressato, ma libero e proprio per questo motivo è fondamentale un secondo punto: il rilassamento. La voce deve avere la sua pace e il suo tempo. Mi rendo conto che sia facile a dirsi, ma difficile a farsi, perché trovare la condizione ideale per cantare bene è la combinazione di lavoro, preparazione, ma anche e soprattutto, di una particolare esperienza sul palco, quella positiva. È importante essere sicuri di essere capaci di fare.
Essere rilassati significa divertirsi con il suono. Già non è facile cantare in una stanza soli con il proprio insegnante, davanti a tutti poi, è proprio come denudarsi e donare la parte più intima al pubblico, portare il cuore davanti a tutti. Ci vuole energia e coraggio.

Cosa fa per rilassarsi?

Per fortuna non devo fare molto, ho vissuto da subito molte esperienze positive che mi hanno portato a divertirmi sul palco e non a essere teso. I miei momenti peggiori li ho vissuti intorno ai 15 anni, da quel momento in poi tutto un'emozionante discesa!

Cosa rappresenta questo premio per lei?

È un grandissimo onore che arriva dopo un lungo percorso dedicato a Puccini, quindi a maggior ragione una grandissima soddisfazione.

Progetti per il 2016?

Intanto partiamo con la nuova Manon al Metropolitan di New York, poi riprenderà il tour pucciniano in Europa.

E così Kaufmann riceve dal Sindaco di Viareggio Giorgio del Ghingaro e dal Presidente della Fondazione Puccini, il maestro Alberto Veronesi, l'ambito Premio Puccini. Il mondo in Italia e l'Italia nel mondo.







 
 
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