Il Verismo talvolta c'entra poco specialmente con l'aria dai Lituani di
Ponchielli, che trae ispirazione da una poetica decisamente verdiana -
ma la verità espressiva raggiunta da Kaufmann in queste diciassette
pagine suscita rispetto ed entusiasmo. Il tenore monacense fraseggia da
vero musicista, con un senso vivissimo della parola scenica e con
un'attenzione maniacale (ma mai manierata) delle dinamiche d'autore.
Così riesce a farci sorprendere dalla bellezza di pagine stranote e
semisconosciute, superando in alcuni casi - grazie al sostegno
fantasioso e smaltato di Pappano e dell'orchestra romana - le migliori
incisioni del Novecento. Così avviene in un « dolcissima effigie » di
Maurizio di Sassonia finalmente degno della sensibilità poetica di
Cilea, mentre il Romeo di Zandonai guarda in faccia la morte con
un'umanità non più oscurata dal turgore di una vocalità muscolosa. E il
Faust di Boito ci conquista non solo per il melodismo grazioso ma anche
per una concentrazione filosofica degna delle parole. E si rimane
meravigliati dalla semplicità con cui Kaufmann libera l'Improvviso di
Chénier dai bolsi automatismi degli orecchianti, facendoci riflettere
sul significato di ogni frase.
Il disco mette in evidenza i pregi
musicali del tenore e tende a nasconderne i limiti vocali; quella
mancanza di brillantezza e di riflessi dorati causata da un'emissione
talvolta ingolata. Anche davanti al microfono comunque Kaufmann
conquista meno nelle pagine intrise di luce: il Brindisi di Turiddu
appare poco spumeggiante e l'ariosità di « Cielo e mar » non è proprio
quella della laguna veneziana, anche a causa di un'eccessiva parsimonia
nel dosaggio dei portamenti. Delude pure «Amor ti vieta», che sembra
ricalcare la genericità di Domingo. Mentre nel duetto finale da Andrea
Chénier Kaufmann meriterebbe una partner più salda e raffinata di
EvaMaria Westbroek. In tutte le altre pagine - che comprendono una
pregevole aria da salotto di Refice, « Ombra di nube »-il tenore appare
in totale sintonia con la musica interpretata e capace di far sembrare
attualissimi i modi di sentire di centoventi anni fa.
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