Ne è passata, di acqua sotto i ponti, da quando nel '97 Kaufmann comparve
nel cast del Così fan tutte che Strehler volle come inaugurazione del suo
nuovo Piccolo Teatro, lavorandovi poche settimane ma non riuscendo a vederne
la conclusione. La voce di Kaufmann è adesso più solida, morbida, flessibíle
nelle escursioni dinamiche, quindi in definitiva persino più bella della
bruna meraviglia che già era allora: ma l'attenzione al fraseggio, al
colorito da imprimere ad ogni sillaba in vista della pregnanza teatrale da
conferire alla parola, c'erano già. Mi ricordo d'una prova sovrintesa da
Walter Berry in palco scenico: dopo l'Aura amorosa, disse "non è ancora un
grande Mozart, troppo giovane. Però c'è già Mozart". Se devo essere sincero,
l'aria di Tamino - ma in misura minore anche la scena con l'Oratore - è
ancora al di qua d'un grande Mozart: disomogenea la linea, duro il
passaggio, tirate le note superiori, la fatica impedisce l'accento. Ma tutto
il resto. è oro colato.
Il bellissimo colore scuro, unito
all'emissione tutta sul fiato e quindi morbida, produce un impato sonoro che
conferisce tratti peculiari a Lohengrin e Parsifal: il resto (sull'orchestra
trasparente, vibrante, mobilissima, che accoglie ogni sfumatura accentale e
la rimanda suggerendone di continuo delle nuove: sempre stato eccelso
accompagnatore Abbado), lo fanno la fantasia e l'intelligenza
dell'interprete. E dell'interprete di teatro, aggiungo: Di quelli cioè che
anche nel minuscolo frammento ti fanno percepire la totalità dei
personaggio. La disperazione ma anche, sotto sotto, quella sensualità che
tiene Florestano ancorato alla vita. L'impeto araldico di Fierrabras. La
dolcezza dello schubertiano Alfonso. Nel breve arco di uno o due frammenti,
ciascuno ha voce e fisionomia diversa: grande cantante, grandissimo artista.
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