Musica, novembre 2014
Gianni Gori
 
Du bist die Welt für mich
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Non a caso il titolo sembra uscire dalla filmografia anni trenta, pressoché dimenticata in Italia, di Joseph Schmidt o da quella di Jan Kiepura. Erano i film musicali tedeschi nei quali, dall'avventura sentimentale con Magda Schneider, Marta Eggerth, Marika Rökk, balzava improvvisa la gagliardia di un Lied che il pubblico si portava poi a casa nella memoria e che la radio rinfocolava l'indomani nei programmi di musica leggera, muovendo schiere di fanciulle in fiore verso i negozi dei fragili e preziosi settantotto giri. Stagione di felicità brevi e precarie squassate presto dagli eventi che sconvolgeranno drammaticamente, con l'Anschluss, proprio la valle dell'Eden - l'Austria, culla dell'operetta viennese -dove la civiltà della leggerezza e della piccola forma era riuscita a sopravvivere alla grande guerra e persino a rigenerarsi.

L'antologia confezionata dal Divo Jonas con la ferrea musicalità e la sottile strategia del grande evocatore e del più suasivo comunicatore (la posa di bel tenebroso scelta per il lancio del disco mi piace poco, ma i consulenti d'immagine ne sanno certo più di me) è perfetta: un fastoso bouquet di brani solitamente destinati alle lusinghe dei fuoriprogramma; deliziosa Wiener Konditorei con filiali in tutta la Germania. In vetrina i capolavori di Kálmán e del Lehár anni-venti, le squisitezze ritmomelodiche di Abraham e Stolz, ma anche la spavalderia tenorile di « Ein Lied geht uni die Welt » (proprio la melodia intonala da Schmidt. nel film di Oswald del '33 ambientato a Venezia dove il piccolo-grande eroe diventa la star di un'emittente radiofonica con sede alla Fenice) a fare pendant con la tenerezza di « Irgendwo auf der Welt » da Sogno biondo del '32 con Lilian Harvey e i due Willi dello schermo (Forst e Fritsch). Laddove l'elenco dei compositori è quasi una panoramica dell'emigrazione culturale, cui il nazismo costrinse i migliori musicisti, andati ad incrementare le fortune del teatro musicale inglese e del cinema americano. L'intelligenza e la classe di Kaufmann non si fermano naturalmente alla levigata superficie del repertorio: attraversano la storia e la magnifica illusione che alla storia sembrava voler sottrarsi, attraversano una stagione del gusto, dell'interpretazione, del bel cantare, dal maestro sommo di charme vocale (Richard Tauber) a Fritz Wunderlich. E lo fa - Kaufmann - con lo stesso rigore stilistico - forte della sua vocalità brunita, estesa. flessuosa - esercitato nelle maggiori imprese operistiche, da Verdi a Wagner, o in quelle non meno ammirevoli dei cicli liederistici. fino alla straordinaria, eccentrica appropriazione dei Wesendonck Lieder.

E perfetta è pure la scelta del titolo dato al suo progetto, « Du bist die Welt für mich », tratto proprio dall'operetta Der singende Traum dello stesso Tauber, dolcissima dichiarazione d'amore alla moglie. il soprano Carlotta Vanconti, cantata qui con una tenerezza di affetti che esalta l'effusione confidenziale senza enfasi e senza orpelli della pagina scritta dal fratello d'anima di Lehár. Come dire: quando tre minuti di una canzone bastano a riflettere gli ultimi riverberi di tutta un'epoca Senza dimenticare, su analogo versante, le esperienze di Piotr Beczala, la bravura di Kaufmann non sta solo nella sontuosità dei mezzi vocali e nella tecnica del porgere intrisa di Sehnsucht e di seduzione: sta nella corrispondenza culturale con questo repertorio, nella fantasia del fraseggio, nel saper passare con disinvoltura dall'arcata melodica lunga di « Grüss mir mein Wien » fin Mariza) allo sgambettante fox-trot di Blume von Hawaii di Abraham, e soprattutto nell'ammaliante controllo del suono, nella filante bellezza di mezzevoci splendide e di falsetti vertiginosi distillati senza manierismi.

Secondato da un'orchestra smagliante diretta da Jochen Rieder, che, all'occasione, svaria nella dimensione sinfonica verso quella jazzistica di atmosfere ballabili, filtrata da un eccellente lavoro sulle orchestrazioni, Jonas Kaufmann riserva però al suo excursus della leggerezza un doppio finale in piena magnificenza tenorile: la sorprendente, robusta pagina operistica (da Die grosse Sünderin del '35) firmata da un musicista tedesco (Eduard Künneke) che negli anni venti aveva deliziato il pubblico con operette di grande successo, e una delle più incantevoli interpretazioni del duetto « Glück, das mir verblieb » dalla Città morta (quasi epigrafe simbolica) del giovanissimo Erich Korngold ancora lontano dai lidi hollywoodiani. Accanto a Kaufmann (qui come in altri brani dell'album) una partner di lusso, il soprano Julia Kleiter.
 






 
 
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