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Classic Voice, novembre 2014 |
Elvio Giudici |
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Du bist die Welt für mich
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***** |
Kaufmann
ha dichiarato che l'idea di questo recital gli è venuta dopo che
ha concluso diversi concerti con bis tratti dal repertorio
operettistico, assorbito fin da ragazzo quando li ascoltava
fischiettare da suo padre. Vero o simpaticamente inventato che
sia, a contare è che prima di tutto li canta proprio con la
disinvoltura con cui un comune mortale li fischietterebbe; e poi
che l'impaginato del recital non è affatto casuale assemblamento
di brani celebri, bensì intelligente e soprattutto abbastanza
esaustivo spaccato d'un repertorio che riflette un'epoca
probabilmente meglio di quanto non faccia quello più
propriamente lirico. Che poi, oggi, se ci si decidesse a lasciar
perdere steccati vari tra forme musicali - opera, operetta,
musical, musica da film - la cui supposta diversità deriva da
un'implicita (talora lambiccata, spesso snobistica, sempre
inutile) graduatoria di valori: sarebbe grasso che cola,
facendoci senz'altro vivere non solo meno seriosamente, ma più
informati.
E dunque, Kaufmann e l'operetta. La canta, Dio
lo benedica, proprio come canta l'opera: nient'affatto
inseguendo fantasmi del passato (nella fattispecie, sarebbero i
sublimi però per l'appunto antichi, troppo antichi per oggi,
esempi di Peter Anders, Richard Tauber, persino Nicolai Gedda),
bensì piegando una robusta linea vocale "operistica" a sussurri,
ghiribizzi, rubati malandrini, crooning jazzistici. Cose da Bing
Crosby o Frank Sinatra, insomma. Così, quel repertorio non viene
vissuto in prima persona, come appunto riusciva naturalissimo a
un Tauber che li N ascoltati appena nati, ma viene ricreato
contestualizzandolo all'oggi. Un po' esagerando, sarebbe come se
oggi un tenore italiano possibilmente meridionale affrontasse la
canzone napoletana non tenoreggiando a tutto spiano, ma
accompagnandosi con una chitarra e abbandonandosi a licenze
improvvisatorie: personalmente, io che rabbridisco d'orrore nel
sentire cannoneggiamenti tenorili a Posillipo, mi spellerei le
mani. Così come me le spello davanti a un Kaufmann che va per le
vie di Vienna evocate dal Kalman della Contessa Manza non a
caccia del fantasma di Tauber ma evocando oggi quell'evocazione,
dunque accentuando un po' ironicamente il ritmo ma anche
sorridendo maliardo attraverso una profusione di rubati
fascinosissimi. |
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