Musica, settembre 2012
Stephen Hastings
 
Cilea, Adriana Lecouvreur
Quando Adriana Lecouvreur debuttò al Covent Garden nel 1904 - con Rina Giachetti, Giuseppe Anselmi e Mario Sammarco nei ruoli principali - non fu certo un insuccesso: lo stesso Cilea era pre sente in teatro ed ebbe molti applausi dal pubblico. L'opera però non fumai ripresi alla Royal Opera House fino a questo nuovo allestimento del 2010, che è stato presentato con particolare cura, per vincere lo scetticismo del pubblico e della critica nei confronti di un titolo che molti ritenevano marginale. E grazie a quella cura amorevole - ben documentata nelle interviste interessantissime comprese come bonus - la rappresentazione che si vede, in questo DVD (tratta dalle recite del 22 novembre e (lei 4 dicembre 2010) risulta di gran lunga la migliore mai realizzata di quest'opera in video. Lo spettacolo è totalmente godibile - nella perfetta fusione tra suoni e immagini - e for-temente coinvolgente. Il direttore Mark Elder ci restituisce la partitura integralmente, facendo emergere la perfetta logica musicale e teatrale di ogni pagina. Il regista David McVicar, assecondato dell'ottimo scenografo Charles Edwards, ricostruisce l'atmosfera della Comédie Francaise settecentesca con una sensibilità e un'intelligenza fuori del comune, facendoci capire quanto il teatro si intreccia con la vita privata di Adriana (il palcoscenico rimane in qualche maniera presente in tutti i quattro atti). Non ho mai visto un' Adriana Lecouvreur così ben recitata e così priva di leziosità: finalmente l'opera non sembra più reggersi solo sui grandi gesti teatrali e sui momenti di puro lirismo, ma su un disegno complessivo di notevole sapienza.

Il successo dell'operazione si deve in gran parte alla protagonista Angela Gheorghiu - è stata lei a volere McVicar come regista - e questo debutto nell'opera di Cilea conferma la sua statura interpretativa nei titoli a lei più congeniali. Lo strumento vocale - usato con ammirevole dominio dei fiati - è piccolo rispetto a quelli a cui viene affidato questo ruolo di solito, ma nel video almeno (non ero presente in teatro) non c'è una sola frase che risulti sacrificata in termini di colore o di accento, e nei climax dei duetti la voce corre alla pari con quelle assai più voluminose di Jonas Kaufmann e Olga Borodina. Altre Adriane hanno espresso forse una sofferenza più straziante, ma la Gheorghiu coglie come poche l'ambiguità di quest'attrice che confonde la vita privata con il palcoscenico, e il delirio nell'atto finale ci scuote non meno della pazzia della sua Marguerite, nel Faust allestito da McVicar nello stesso teatro nel 2004.

Jonas Kaufmann è da molti punti di vista il Maurizio di Sassonia che abbiamo sempre sognato: capace di rispettare tutti i segni dinamici sulla partitura (e di aggiungervi un prodigioso diminuendo sul Si bemolle acuto di « Morta! » alla fine dell'opera), riuscendo a conciliare - come pochissimi tenori prima di lui - il tenero amoroso con l'uomo di guerra. La sua tecnica basata (a quanto pare) sul costante abbassamento della laringe, gli impedisce di fare vivere gli accenti minimi coi) la stessa duttilità della Gheorghiu, ma la musicalità e la consapevolezza teatrale della sua interpretazione sono di assoluto rilievo. La Principessa di Bouillon della Borodina è un'interpretazione più prevedibile, ma il mezzosoprano russo porge le frasi con generosità grintosa e recita con spontaneità. Le mancano però l'incisività ritmica e la sottigliezza d'accento di una grande interprete del passato come Giulietta Simonato. Il Michonnet di Alessandro Corbelli regge benissimo invece alla concorrenza in disco, e ci offre qui un ritratto molto dettagliato e totalmente credibile. La voce naturalmente non ha la ricchezza coloristica di quella di Sammarco, e tradisce un lieve disagio sul Fa diesis/Sol bemolle acuto, ma il dominio della parola cantata è magistrale.

Tra gli altri interpreti va segnalato l'ottimo Principe di Bouillon di Maurizio Muraro. Mentre più bravo come attore che come cantante appare Bonaventura Bottone nei panni dell'Abbé de Chazeuil. L'Orchestra e il Coro del Covent Garden assecondano i cantanti principali con convinzione assoluta e di Elder si può davvero dire - come si scrisse del grande Cleofonte Campanini, che concertò l'opera nel 1904 - che « ha diretto con tutta la cura e con tutta la discrezione che abbiamo imparato a pretendere da lui ».

 






 
 
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